Oggi, in seno al cristianesimo, ci sono due modi di pensare la fede che sono contrapposti ed antagonisti, spesso con scarsissimo amore cristiano: quello fondamentalista e quello liberale. Nessuno dei due si riconosce nell’etichetta che gli viene affibbiata dall’altro, ma siccome non si ascoltano, non cambiano. I due gruppi hanno una immagine stereotipata dell’altro e molto di ciò che si dicono viene più dallo spirito di giudizio che da quello di verità. Entrambi pensano di essere inesorabilmente distanti dagli altri, ma ciò non è completamente vero.I fondamentalisti sono ossessionati dal problema della salvezza e, secondo loro, tutto si risolve “nell’accettare Gesù”. Questa frase significa che tu devi credere e dire che Gesù è morto sulla croce per il tuo peccato e che è risorto per la tua salvezza. Questa affermazione, detta con sincerità, ti salva. Nessun atto di ubbidienza è veramente necessario, neppure il primo e più ovvio: il battesimo. L’ubbidienza è importante, buona e richiesta, ma non è necessaria alla salvezza. La Bibbia infatti afferma che noi siamo salvati per grazia mediante la fede e non per merito mediante le opere.
Perché questo discorso, impeccabile dal punto di vista biblico, ci suona strano? Perché, come leggevo in un libro, Dio viene concepito come un lettore di codici a barre, di quelli che fanno “biip” quando leggono l’etichetta del prodotto e lo mettono in conto. Il lettore di codici a barre non si interessa di che cosa c’è nella confezione, gli importa solo di mettere in conto il prodotto. Se metti il codice a barre delle mele sulla busta delle pere, ti metterà in conto le mele anche se porti a casa le pere. Possibile che Dio si preoccupi solo di metterci in conto la sua giustizia appena pronunciamo la confessione della fede senza interessarsi del fatto che diventiamo discepoli? Il discorso sembra strano perché ci pare offenda l’intelligenza di Dio.
I liberali sono invece ossessionati dalla giustizia sociale e, secondo loro, il cristianesimo consiste nel lottare per la giustizia. Lottare per la giustizia significa essere dalla parte dei minimi e dei diseredati del mondo, difendere l’integrità del Creato e operare per la pace. Questa lotta non solo rappresenta una ubbidienza radicale e redentiva a Dio, ma incarna la natura più inerente di Dio: l’amore. Ogni altro aspetto della vita di fede è relativo e secondario perché Dio è amore.
Non vi sembra che a questo discorso manchi qualcosa? L’impressione viene dal fatto che in questo discorso manca la relazione con Dio. Dio da questo discorso è assente o, più precisamente, è alla sua origine, ne è solamente il principio. Ciò che rimane alla persona di fede è il suo impegno nel mondo. La fede corrisponde all’impegno sociale, la fede è l’impegno sociale. Possibile che Dio ci chieda esclusivamente di lottare per la giustizia, come può fare qualunque persona di buona volontà, senza chiederci di diventare suoi discepoli? Il discorso ci pare strano perché estromette Dio dalla sua relazione con il mondo.
Fondamentalisti e liberali hanno una radice comune, e questa radice è la fede staccata dalla vita. Nessuno dei due chiede al credente una vita di discepolato, la ritengono non strettamente necessaria: gli uni per la salvezza, gli altri per la lotta per la giustizia. Ma nella Bibbia è importante la salvezza ed è importante la lotta per la giustizia, la pace e il creato; però queste sono conseguenze di una cosa molto più importante, il nostro essere discepoli di Gesù. E’ diventare cittadini del Regno di Dio che veramente conta, questo salva noi e libera il mondo!



