
Spero abbiate letto il noto libro di Rick Warren “
The Purpose Driven Church” (La chiesa guidata da propositi) che peraltro ho trovato intelligente e stimolante. Warren e Bill Hybels (il fondatore della chiesa di
Willow Creek) sono le punte di diamante del fenomeno delle cosiddette
megachurch, “megachiese”.
Nonostante il successo – ripeto, per molti versi meritato – del libro anche in Italia, basta una lettura anche superficiale per capire che quello descritto è un modello non importabile in Italia. Infatti il successo di Warren e Hybels è il prodotto della convergenza di almeno due fattori favorevoli non riproducibili: una
leadership di eccezionale valore e un contesto di crescita urbana. A questi fattori va aggiunto il dato che il contesto generale religioso-culturale statunitense è a maggioranza evangelico. Non è da dimenticare, infatti, che quelle chiese crescono soprattutto per spostamento di membri da una comunità all’altra: le chiese delle aree che si spopolano perdono membri, quelle delle aree che si sviluppano li acquistano. Anche se i due fattori si riproducessero in Italia, per esempio un dotato evangelizzatore in qualche area di sviluppo suburbano di una grande città, rimarrebbe comunque il problema della popolazione che è in genere culturalmente cattolica e che quindi non travasa automaticamente nella chiesa evangelica.

Queste chiese si definiscono
seeker-friendly, cioè adatte a chi sta cercando (Dio).
Qui viene il secondo motivo della non esportabilità del modello. Non perché non esistano in Italia persone che cerchino Dio, non perché non sia lodevole indirizzare il messaggio della predicazione verso chi è in un atteggiamento di ricerca (come Nicodemo in Giovanni 3), ma perché sotto questo concetto si cela un modello evangelistico fondato sulla ricerca di mercato. Rick Warren, come egli stesso scrive, ha predeterminato chi sarebbe andato a vivere nell’area di espansione suburbana nella quale voleva aprire la sua chiesa ed ha modulato la sua missione di conseguenza. "
Big Sam" è il membro di chiesa virtuale medio e Warren sapeva già tutto di lui.
Lungi da me fare ora una critica ideologica o teologica di ciò (ma lo vogliamo ammettere che qualche problema, in effetti, c’è?), però qui sorgono due problemi: primo, Big Sam non è Mario Rossi. Noi non possiamo presumere che ciò che cerca Big Sam sia la stessa cosa che sta cercando anche Mario Rossi, ossia le chiese italiane dovrebbero fare la loro ricerca su cosa pensa e cerca il membro di chiesa virtuale medio.
Secondo, la generazione successiva a Big Sam (dai trentacinquenni in giù) non frequenta più la chiesa di Rick Warren, ma quella di Dan Kimbal, che è, appunto, una chiesa emergente. Ossia, una ricerca di mercato mirata individua gusti e preferenze religiose ben limitate generazionalmente.

La chiesa emergente è diversa perché non rappresenta un modello evangelistico, ma si tratta di un modo di vivere la fede e la chiesa. Essa è contestuale per natura e post-cristiana, si rivolge cioè ad una società ormai totalmente scollegata dalla chiesa. Persino in Italia i veri cattolici sono solo l’8% della popolazione e quelli che in qualche modo vi fanno riferimento il 40%; in totale i cattolici in Italia sono il 48%, una maggioranza inferiore alla metà della popolazione. L’Italia (e l’Europa) è post-moderna da prima degli Stati Uniti e i problemi che là stanno affrontando oggi ci sono noti da almeno cinquant’anni. La chiesa emergente non è evangelistica, ma missionaria; si rivolge alla cultura corrente come ad una cultura non-più-cristiana.
In credente emergente non è uno in ricerca di spiritualità, ma uno che ha capito che cercare non basta, bisogna “nascere di nuovo” (come Nicodemo in Giovanni 3).