martedì 31 luglio 2007

Voci critiche

La chiesa emergente è una tendenza molto controversa del protestantesimo occidentale. Sin da quando ha acquistato una certa visibilità in Inghilterra e soprattutto negli Stati Uniti, essa ha suscitato preoccupazione e opposizione.

I critici della chiesa emergente provengono in larghissima parte dalle fila dell’evangelismo conservatore e neo-fondamentalista americano. Nonostante la grande varietà delle tendenze rappresentate dalla chiesa emergente, sono sorte alcune caratteristiche distintive comuni che hanno suscitato la perplessità di alcuni osservatori.

In particolare viene rilevato un tono retorico, polemico, ipercritico e poco costruttivo proprio nei confronti della tradizione, soprattutto evangelicale, dalla quale in gran parte queste comunità provengono.

Alcuni lamentano che la tendenza a de-costruire la tradizione evangelica e persino i testi biblici, risulta poi nella ri-costruzione di dottrine e posizioni morali inaccettabili.

Per molti osservatori più conservatori alcuni punti di vista su dottrine centrali quali la giustificazione per fede, l’espiazione tramite il sangue di Cristo e l’Inferno non sono pienamente ortodosse.

Altri contestano che la chiesa emergente nasconda un maggiore interesse verso le questioni politiche che verso quelle spirituali.

In ultimo, la spiritualità delle chiese emergenti, accogliendo elementi provenienti da varie tendenze non solo del cristianesimo, ma anche delle religioni orientali, viene ritenuta da alcuni critici sincretistica.

lunedì 30 luglio 2007

Post-evangelici

La vasta maggioranza dei credenti emergenti è di provenienza evangelica e mantiene una teologia evangelica.

Ma il movimento è post-evangelico in almeno due sensi:

In primo luogo perché la chiesa emergente tende ad essere sospettosa verso la teologia sistematica. Ciò ovviamente non significa affatto che non ci sia una riflessione sistematica sulla Scrittura e sulla fede, ma che la teologia sembra non essere in grado di trovare un consenso e di apportare sempre più diversità. La caratteristica della Rivelazione è di non essere “sistematica”, ma di presentarsi come una narrativa, una storia, perché nessun linguaggio è capace di cogliere pienamente la Verità di Dio.

In questo senso la grande tradizione della Chiesa universale offre maggiori possibilità di raccontare la verità di Dio, la redenzione in Cristo e l’opera dello Spirito Santo di quanto sia in grado di farlo un sistema teologico o una confessione di fede.

Per questo la chiesa emergente sostiene che la teologia rimane una “conversazione” sulla Verità che è Dio in Cristo Gesù per lo Spirito Santo. Nessuna teologia potrà mai avanzare la pretesa di avere un valore finale o definitivo. In ciò la chiesa emergente è profondamente riformata.

In secondo luogo il movimento è post-evangelico nel senso che contesta la mentalità del “chi è dentro” e “chi è fuori” tipica di molte chiese evangeliche. Anche per chi pensa che esiste una linea di demarcazione invalicabile tra cristiani e non cristiani, questo pensiero porta sofferenza ai credenti emergenti.

Naturalmente ciò non deve essere spinto fino ad inibire la spinta missionaria tipica del cristianesimo evangelico. “A meno che non si proclama la Buona Notizia di Gesù Cristo, non c’è alcuna buona notizia. E se non c’è Buona Notizia, allora non c’è cristianesimo, né emergente, né evangelico.” (Scot McKnight).

Possiamo essere umili in ciò che crediamo e accurati nel definire il reale impegno verso l’Evangelo, ma il fine della chiesa deve rimanere quello di chiamare tutti a seguire Gesù Cristo ed accogliere la sua opera redentiva sulla croce.

sabato 28 luglio 2007

Prassi

La caratteristica principale osservabile della Chiesa Emergente è il suo orientamento ad un cristianesimo pratico. Il motivo dell’emersione di questa tendenza nel cristianesimo occidentale è il bisogno di una fede vissuta.

Nella sua essenza la chiesa emergente è quindi una ecclesiologia, un modo di intendere la chiesa.

Tre aree della vita della chiesa emergente caratterizzano il modo di vivere la fede:

Il culto. Ciò che salta maggiormente agli occhi ad un livello più superficiale è la creatività, la sperimentazione, l’esperienzialità, la sensorialità, la partecipazione, il movimento.
La chiesa emergente da un lato recupera tutti quegli elementi del sacro e del rituale che le chiese evangeliche avevano abbandonato a favore del razionalismo; dall’altro ingloba tutti gli elementi tecnologici forniti dalla modernità.

Il credente emergente riflette molto teologicamente, esteticamente e antropologicamente su ciò che si fa quando la comunità si incontra. E’ il sermone il centro e il culmine del culto cristiano? La risposta è no, ne è solo uno degli elementi. Il pulpito ha così perso la posizione centrale di fronte alle panche e la sua posizione più alta. Non esiste più il palco, l’ambone con le persone autorizzate a stare lì e il resto della comunità nelle panche, tutto è fuori centro. L’uso dell’incenso può aiutare la preghiera, una illuminazione variabile può sottolineare gli atteggiamenti richiesti ad ogni fase del culto, l’arte può creare un ambiente che ricorda il sacro, il linguaggio del corpo può aiutare ad esprimere i propri stati d’animo e i gesti liturgici possono permettere un incontro più vivido con l’Incarnato.

L’ortoprassi. Il vivere correttamente è certamente l’aspetto centrale della vita del credente emergente e della comunità. Come una persona vive è più importante di ciò che crede. Molti aggiungono anche l’importanza dell’ortodossia, ma tutti contestano il fatto che dall’ortodossia possa scaturire l’ortoprassi; l’esperienza personale delle chiese dimostra loro il contrario.

Beninteso: nessuno afferma che la relazione con Dio dipenda da come uno vive, né che non faccia alcuna differenza quello che si crede su Gesù, ma il fatto è che la teologia evangelica ha eccessivamente concentrato tutto il discorso teologico sulla morte e resurrezione di Gesù, mentre la chiesa emergente tenta di riabilitare la seconda gamba del discorso teologico cristiano: il Gesù storico. Il motto della chiesa emergente è: “praticare la via di Gesù”.

La missione. Raramente un credente tradizionale potrà capire di primo acchito che cosa la chiesa emergente intenda per missione. Vanno tenuti in conto tre principi:

Primo. La missione è partecipare, con Dio, alla sua opera nel mondo. Dio ci ha dato il “ministero della riconciliazione” (2Cor.5:18).

Secondo. La missione è partecipare alla comunità dove avviene l’opera redentiva di Dio. La chiesa è la comunità attraverso la quale Dio opera e nella quale manifesta la credibilità dell’Evangelo.

Terzo. La missione è partecipare alla complessiva opera redentiva di Dio nel mondo. Essa riguarda non solo l’anima, ma tutta la persona umana, il creato e la società (Rom.8:18-27).

venerdì 27 luglio 2007

Un variegato fenomeno post-moderno

I cristiani emergenti credono che la chiesa abbia bisogno di cambiare ed essi hanno cominciato a vivere come se il cambiamento ci fosse già stato” (Scot McKnight). In questo i cristiani emergenti tendono ad essere profetici al meglio, provocatori al peggio, retorici e spesso esagerati. Affermato subito il "peccato originale" possiamo proseguire dicendo che la chiesa emergente sta apportando elementi vitali per il benessere di tutta la chiesa.

Come abbiamo avuto modo già di dire, il concetto di “chiesa emergente” vuole descrivere il rimodellamento di “come essere chiesa” in atto nella cultura post-moderna. Ciò avviene a partire dal variegato universo cristiano, specialmente evangelico, e il risultato è altrettanto variegato. Nella chiesa emergente vi sono post-evangelicali, post-liberali, post-riformati. L’elemento comune è quello di essere post-moderni.

La questione della cultura gioca un ruolo di primo piano.

Vivere come cristiani in un contesto post-moderno significa diverse cose a persone diverse. Alcuni vogliono evangelizzare ai post-moderni, altri con i post-moderni e altri ancora come post-moderni.

I primi vedono la cultura post-moderna intrisa di relativismo morale e incapace di comprendere alcunché della realtà del mondo. Le persone che vivono in questa cultura ne vanno salvate.

I secondi vogliono vivere con i post-moderni, lavorare, discutere con loro. Questi accettano la cultura post-moderna come un dato di fatto nel quale esprimere la missione cristiana.

La maggior parte dei cristiani e delle chiese emergenti ricade in queste due categorie. Questi non negano la verità, non negano Gesù come la Verità, non negano la Bibbia come verità.

I terzi suscitano tutte le preoccupazioni. Alcuni hanno deciso di svolgere il loro ministero e la loro missione cristiana come post-moderni. Accettandone i termini. Cioè: la verità assoluta non è conoscibile o, almeno, la verità non è conoscibile in modo assoluto. Essi affermano che la verità è condizionata dal contesto. Ogni affermazione dottrinale rischia di costruire una “immagine” di Dio e il nostro attaccamento ai sistemi dottrinali rischia di farci ricadere nell’idolatria del culto delle immagini.

giovedì 26 luglio 2007

In cosa è diversa la Chiesa Emergente?




La chiesa emergente è diversa nel modo di vivere la missione. Le chiese tradizionali, anche quelle più contemporanee nel culto, hanno un approccio all’evangelizzazione del tipo: “vieni da noi”.

La chiesa emergente ha l’approccio opposto: “io vengo da te” (o meglio: “io sono dove sei tu”). La chiesa non è un luogo, ma i credenti, quindi essa è in grado di prendere forme diverse, anche culturalmente diverse da quelle proprie tradizionali.

La chiesa emergente è diversa nel modo di vivere la chiesa. Il Church planting ha creato nuove chiese con uno stile comunitario più contemporaneo, attraendo membri dalle chiese più tradizionali e quindi sostanzialmente sottraendo membri ad altre chiese. Il numero delle vere conversioni per effetto del church planting è pressoché irrilevante. Senza contare l’altissima incidenza di fallimenti, le chiese che non crescono oltre i 50 membri, le depressioni dei pastori in ansia da prestazione, le difficoltà di reperimento di volontari per i numerosissimi programmi della chiesa.

La domanda fondamentale della chiesa emergente è: “qual è l’espressione di chiesa più appropriata per coloro che in chiesa NON ci vanno?” Accogliere l’Evangelo non corrisponde e non implica l’accettare la cultura che l’ha veicolata fin ora. La chiesa emergente usa i credenti e i piccoli gruppi come missionari per rivolgersi ai non credenti o a coloro che hanno rotto ogni rapporto con la chiesa.

La chiesa emergente è diversa nel modo di vivere i piccoli gruppi. L’organizzazione in cellule sembra essere il metodo migliore fin qui escogitato dalle chiese tradizionali per l’evangelizzazione. Esiste una grande varietà di modi di organizzare una cellula, ma la caratteristica comune è la loro forte dipendenza dalla chiesa che le ha espresse.

Nella chiesa emergente si può dire che la chiesa effettiva è la cellula, essa è l’elemento ecclesiologico primario. Nella cellula (che negli USA viene preferibilmente chiamata Cohort) viene offerto il culto, la cura pastorale comunitaria, è l’elemento propulsivo e centrale della missione, si impara a mettere in pratica ciò che si studia della Bibbia. Le cellule spesso hanno anche un incontro comune domenicale tradizionale, ma è chiaro che l’epicentro della vita comunitaria è il piccolo gruppo. La cellula è organizzata sul modello familiare.

La chiesa emergente è diversa nel modo di vivere il culto. Il culto è sempre stato un terreno di battaglia nelle chiese. Oggi più che mai. Alcune chiese ritornano alle forme di culto più tradizionali, ma la maggioranza ha accettato alcuni cambiamenti, soprattutto innologici. Le ragioni addotte sono teologiche o di metodo evangelistico, ma la ragione ultima è che le forme tradizionali di culto non si connettono più con la cultura delle persone a cui si rivolgono. I cambiamenti nel culto in senso più contemporaneo vanno capiti nel senso dell’apertura alle esigenze delle generazioni più giovani. Ma ciò non appare sufficiente.

Il culto della chiesa emergente è soprattutto sperimentale. La ripetitività è esattamente quello che non si trova più nella liturgia. Il culto emergente cerca sopra ogni cosa di essere autentico, contestuale e comunitario. Il linguaggio chiesastico è bandito, tutti gli elementi di spettacolo aboliti, molti degli atteggiamenti ritenuti corretti nelle chiese tradizionali (come il silenzio e persino l’attenzione a cosa sta avvenendo) spesso disattesi. L’atmosfera tende ad essere famigliare e “come in soggiorno”, con ampia presenza dei bambini. Gli elementi liturgici tendono a riprendere il loro spazio rispetto alla predicazione. Il culto emergente è “bi-focale” Parola e liturgia. Il culto emergente è multimediale, multisensoriale e utilizza l'arte.

mercoledì 25 luglio 2007

Che cos'è la Chiesa Emergente?

Il concetto di “Chiesa emergente” tenta di descrivere alcuni nuovi modi di vivere la fede e la chiesa che si sono osservati negli ultimi vent’anni nell’ambito del cristianesimo occidentale, soprattutto anglosassone. Non credo che il termine possa ancora descrivere un vero e proprio movimento, benché ultimamente vi siano più consapevolezza, intenzionalità, missione, usi condivisi, network, pubblicazioni, siti e persino una organizzazione: Emergent Village. Per sua natura la chiesa emergente non è organizzata nelle forme tradizionali denominazionali, ma ha assunto una forma “liquida”. Più che ad un movimento, siamo di fronte ad una tendenza.

L’intenzione, comunque, è quella di creare comunità dove la fede possa essere vissuta in modo più autentico che nei modelli ereditati dalla tradizione cristiana. Nel movimento si parla di una “fresca espressione della chiesa”.

L’esistenza di una chiesa emergente non implica che ve ne sia una “affondante”. Ma le forme tradizionali di organizzazione, culto e atteggiamento di fede, oggi raggiungono solamente un ben definito target: la persona di mezza età bianca di classe media con un gusto per la musica classica o leggera (soprattutto donna). Queste nuove forme di vita comunitaria cristiana attraggono maggiormente giovani (sotto i quarantacinque) di varie etnie che ascoltano la musica pop-rock (soprattutto uomini). Quindi mentre le forme tradizionali di chiesa fanno effettivamente ancora il loro dovere, man mano vengono però abbandonate dalle generazioni più giovani.

Quando un giovane cresce, normalmente non riesce più a connettersi con la chiesa adulta. La spiritualità in generale, e la fede in Gesù Cristo in particolare, hanno ancora una fortissima attrattiva su giovani, ma questi, in gran parte, sono alieni alle chiese. Il problema non è semplicemente generazionale, ma profondamente culturale. C’è bisogno di un nuovo modo di essere chiesa.

Il problema è che ciò che si fa la domenica non si connette con il resto della vita. Se questo è accettabile per la chiesa adulta, non lo è affatto per un giovane. Il desiderio maggiore è una vita comunitaria che non si limiti al culto e alla domenica, ma che coinvolga tutta la vita di una persona. Comunità, Culto e Missione devono creare lo spazio dove vivere la spiritualità.

Quali caratteristiche ha la chiesa emergente?
Il network conta più del quartiere. La gene comunica con internet, appartiene a community virtuali e si conosce visitando i blog. La chiesa di quartiere è irrilevante, rilevante è la gente che vi incontri.
La cellula è più significativa della chiesa. Lì si svolge, in amicizia, la vita quotidiana di fede. Essa non è un incontro a casa di qualcuno per uno studio, ma un gruppo che si incontra e si organizza per vivere la fede praticamente (arrivando anche a forme semi-monastiche).
I luoghi dove si lavora o si socializza sono più importanti di quelli dove si dorme. La missione riguarda principalmente questi luoghi. Non si invita la gente in chiesa, ma si va a cercarla dov’è e, soprattutto, dove sei quotidianamente anche tu: sia il posto di lavoro o il pub preferito.
Il culto è un evento multimediale e multisensoriale.

La chiesa emergente non è un metodo, è autenticità.

martedì 24 luglio 2007

Cambiamenti di paradigma

In seguito alla pubblicazione in italiano (postuma) del volume di David Bosch, La trasformazione della missione, Queriniana, abbiamo un po’ tutti preso dimestichezza con il concetto di “paradigma” che egli, assumendolo dal filosofo della scienza Thomas Kuhn, applica al presente momento storico della Chiesa.

Kuhn sostiene che la scienza non cresce per accumulazione, cioè in modo progressivo attraverso un continuo carico di conoscenze, ma procede per rivoluzioni, ossia attraverso alcuni individui che percepiscono l’inadeguatezza dei modelli scientifici esistenti a risolvere i problemi emergenti e quindi vengono a capo dei problemi modificando il modello scientifico a loro disposizione. Costoro percepiscono la realtà in modo qualitativamente diverso.

In verità, però, il modello scientifico – o paradigma – non nasce dalla scoperta individuale, ma piuttosto per un complesso di ragioni “emerge” tra gli studiosi finché il vecchio paradigma viene soffocato dalle sue stesse inadeguatezze e viene definitivamente abbandonato.

Nella storia millenaria della Chiesa si sarebbero succeduti tre paradigmi nella concezione del rapporto chiesa-mondo.
Il primo, quello apostolico (I-III sec.), è consistito nella lotta interiore per l’autocoscienza della chiesa come identica o diversa dalle sue radici giudaiche e della sua relazione con il mondo greco-romano nel quale si espandeva. In questo paradigma la chiesa si è organizzata in forti entità locali guidate dall’autorità spirituale di un vescovo e ha formato i suoi membri ad una estesa ed intensiva opera di evangelizzazione in un ambiente fortemente ostile. L’organizzazione comunitaria, i ruoli e i rapporti interni erano caratterizzati da una grandissima diversità e una estrema multiformità a secondo delle condizioni locali. Questa pluriformità era controbilanciata da un convinto sforzo di correlazione con altre realtà locali.

Il secondo paradigma, quello costantiniano della nascita della “cristianità”, è consistito nella svolta istituzionale di realizzare la propria missione attraverso lo status di religione ufficiale dell’Impero. La comunità diventa la diocesi, e nasce e si afferma la gerarchia. Essendo l’Impero cristiano, ogni suo cittadino è anche membro della Chiesa; la missione si allontana verso i paesi pagani e viene affidata ai professionisti. La Diocesi è caratterizzata dal reciproco sostegno delle istituzioni statali ed ecclesiastiche. Questo è il modello che è durato dal IV fino al XX sec. e che oggi sta crollando spinto dal paradigma emergente.

Il terzo paradigma è iniziato con la Riforma protestante, ma non si è ancora pienamente stabilito. Le caratteristiche che si vedono ormai distintamente evidenziano una crescente ostilità dell’ambiente verso la Chiesa alla quale essa risponde con la ripresa dello spirito missionario su base personale e locale. Le istituzioni si localizzano e sempre più il proprio ambiente viene considerato un campo missionario.

venerdì 20 luglio 2007

Parole chiave

Nel testo di benvenuto appare la missione di AEONnext. In esso si evidenziano alcune parole chiave che qui vorrei brevemente spiegare.

La parola “discepolo” appare nel vocabolario neotestamentario e il suo contenuto non può essere diverso da quanto gli è stato attribuito in due millenni di storia cristiana. Ma qui il suo uso vuole far riferimento ad una sensazione che si prova quando si è parte di una comunità: essere un “membro di chiesa”. Certo, anche questa parola dovrebbe evocare testi biblici dove la chiesa è paragonata ad un corpo e i credenti alle sue membra, ma la verità è che essere membro di chiesa ormai inesorabilmente comunica l’essere membro di un club, di una associazione, l’essere nella lista d’appartenenza a qualcosa. Mentre la parola discepolo evoca la vicinanza a Gesù, implica l’imparare da lui, sottolinea il processo, il divenire qualcosa. Senza voler rinunciare alla consapevolezza di essere membro del corpo di Cristo, vorremmo sottolineare il discepolato del credente.

La seconda è “amicizia generativa”, che è già un concetto più nuovo che vuole indicare il modo con cui vogliamo portare l’Evangelo al prossimo. Vogliamo che l’Evangelo si propaghi attraverso dei veri rapporti di amicizia, continuativi, duraturi, che implicano la relazione personale, la vicinanza, la solidarietà. L’evangelizzazione dei metodi, delle 4 leggi spirituali e del “mordi e fuggi” non è per un cristianesimo profondo. Vogliamo offrire una amicizia che generi, susciti nuovi discepoli e nuovo discepolato.

Anche “regno di Dio” non è certo un termine “nostro”, ma attraverso l’uso di questo concetto vogliamo dire che ciò che ci sta più a cuore non è la crescita della comunità, nemmeno della nostra, ma ci sta a cuore ciò che Dio stesso dice di avere più a cuore: il suo Regno. Il Regno di Dio è un concetto molto semplice anche per noi moderni nati sotto regimi democratici parlamentari e significa che nel mondo c’è un popolo che riconosce Dio come proprio Signore e Sovrano; a lui crede, a lui ubbidisce. Noi vogliamo essere questo popolo, noi vogliamo che questo popolo cresca.

Conversazione” non è un termine biblico, né teologico, ma preso dal linguaggio comune (ma vi consigliamo di leggere: Theodor Zeldin, La conversazione, Sellerio). La conversazione è più di un dialogo, coinvolge più voci e non implica il confronto dottrinale o il giudizio morale. Nella conversazione soprattutto ci si ascolta, ci si accoglie. I credenti sono impegnati in una conversazione sia con le varie teologie, sia con la cultura attuale nella quale vivono.

In ultimo la parola “emergente”. Molto è detto nella spiegazione del titolo del blog, ma ci preme sottolineare come la parola abbia a che fare tanto con l’emersione di qualcosa di presente, ma nascosta, quanto con l’emergenza. Siamo certi che molta gente vorrebbe essere cristiana, ma semplicemente non può, tenuta lontano da una chiesa che segue logiche teologicamente fondate, ma del tutto “interne” inaccettate perché non comprese. Questa chiesa "nascosta" esiste e sta emergendo. Emergente significa anche che a molti cristiani sono nate le "branchie" (Alessandro Baricco, i Barbari, Fandango libri). Questi credenti non saranno mai più culturalmente come quelli che li hanno preceduti.