domenica 7 dicembre 2008

Giacomo 4:3 - La disciplina della preghiera


«Domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostripiaceri.» Questo testo parla di PREGHIERE NON RISPOSTE. C. S. Lewis diceva che Dio ascolta tutte le preghiere, ma non risponde a tutte; e questo per il bene maggiore nostro e di tutto l’universo. Questa analisi si applica benissimo al testo di Giacomo.


Giacomo scrive queste parole all’inizio della terza parte della sua lettera, quella dove testimonia della provvidenza di Dio. In questa parte della lettera Giacomo affronta il malessere della comunità alla quale scrive: le false speranze. I credenti ai quali si rivolge sembrano affetti da una illusione cronica: che Dio li assecondi in qualunque azione.

Giacomo sostiene che quando le nostre azioni sono dettate dalle proprie passioni e dai piaceri peccaminosi, esse portano con sé il proprio imbarbarimento, la propria degradazione e la propria distruzione. La ragione è che esse scaturiscono dal proprio interesse personale e non dal sentimento di giustizia. Questi credenti nutrono la falsa speranza che Dio stia dalla loro parte per partito preso; Giacomo dice che questa è una pia illusione, una falsa speranza. L’antidoto che egli offre a questi credenti è l’umiltà. Cioè c’è bisogno di un cambiamento nella vita, negli atteggiamenti e nel carattere dei credenti che deve essere più adeguato alla fede che professano.
E’ all’interno di questo ragionamento che Giacomo scrive il verso che riguarda la preghiera. Non ci si deve meravigliare se Dio non risponde alle preghiere di costoro, perché anche la motivazione della preghiera è impura e peccaminosa come la motivazione delle loro azioni. Essi pregano per ottenere ciò che hanno progettato nel loro cuore in preda ai propri desideri.
Il problema non è chiedere per se stessi, quello non può essere considerato un peccato o la ricerca del proprio interesse; la preghiera, nella sua essenza, non è altro che richiesta, anche per se stessi (Giacomo stesso, all’inizio della sua lettera, aveva detto che se uno sente di mancare di saggezza di chiederla a Dio, perché egli non gliela avrebbe certamente rifiutata).
Il problema sono le motivazioni che sono alla base della nostra preghiera e quindi in ciò che chiediamo. La preghiera non è né un talismano che opera a favore dei nostri fini privati; né la pretesa di santificare i nostri desideri più egoistici. Un nostro desiderio egoistico rimane tale e non c’è nessuna preghiera in grado di farlo diventare disinteressato, e un fine personale non diventerà mai un fine superiore con la preghiera. La preghiera funziona se le nostre aspirazioni personali sono sottomesse a propositi più alti. Insomma, la preghiera opera quando il nostro cuore è sottomesso alla volontà di Dio e alla sua libertà e quando – anche se tacitamente – la preghiera è preceduta da un “se è secondo la tua volontà”. Quindi Giacomo può in tutta tranquillità dire: “le vostre preghiere non vengono risposte perché vengono fatte con lo spirito sbagliato e per le motivazioni contrarie a ciò che Dio ci ha rivelato di sé.

La preghiera trasforma. E qui è il punto. Pregare significa cambiare. La preghiera è l’autostrada della trasformazione. Il fine della preghiera è la trasformazione della nostra volontà, delle nostre motivazioni, dei nostri fini, dei nostri metodi, del nostro carattere, della nostra personalità, dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni, per renderle sempre più simili al Signore. Se non vogliamo cambiare nulla nella nostra vita, prima o poi abbandoneremo la preghiera come nota caratteristica della nostra vita.
La disciplina della preghiera ci catapulta sulla frontiera della vita spirituale, ci introduce in una comunione assidua con il Signore, e ci fa strada nei più profondi e nei più alti percorsi dello spirito umano. Nella preghiera, cominciamo a seguire Dio nei suoi pensieri, a desiderare le cose che lui desidera, ad amare le cose che lui ama, a volere le cose che lui vuole. Progressivamente impariamo a vedere le cose dal suo punto di vista. Questa è la trasformazione.

Come dice Giacomo - che aveva una lunga esperienza di vita con Dio - chiedere in modo giusto nella preghiera significa trasformare le “nostre passioni” in passione per Dio.

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