mercoledì 19 novembre 2008

Efesini 4:10-16 - Tras-Formazione

Su questi pochi, ma densi, versetti bisogna dire tre cose veramente importanti:
Tutti i credenti devono giocare il loro ruolo nel permettere alla chiesa di raggiungere l’unità e la maturità che le appartengono.
Qui è importante sottolineare due cose:

1. tutti i credenti hanno la responsabilità e il vero e proprio ministero di operare in vista dell’unità della chiesa e in vista della crescita di tutto il corpo. Tutti. Questo dovere non appartiene ad alcuni della chiesa che hanno le competenze, che hanno i titoli o che vengono eletti per svolgere questo compito. E’ un dovere di tutti, tutti cooperano alla costruzione della chiesa, alla sua unità, alla sua crescita spirituale.
2. I credenti impegnati in questo compito non determinano l’unità né procurano la maturità, ma preservano l’unità e raggiungono la maturità che la chiesa ha già ricevuto da Cristo. La chiesa è già una, non lo deve diventare; la chiesa è già il corpo completo e armonioso di Cristo, non lo deve diventare; i credenti sono pertanto chiamati a preservare la sua unità e a raggiungere e adeguarsi alla sua maturità e armoniosità. Quindi, ogni credente è impegnato nella preservazione dell’unità della chiesa e nel raggiungimento della maturità di Cristo.

Il punto focale del testo è certamente la maturazione personale del credente, ma lo scopo della maturazione del corpo è la sua missione.
Esiste cioè un proposito per l’unità della chiesa e per la sua piena maturità. Né l’unità è fine a se stessa, ma ha come scopo la coesione della chiesa e la cooperazione di tutte le competenze come le membra del corpo umano; né la maturazione spirituale è fine a se stessa, ma ha come scopo l’armoniosità del corpo e lo sviluppo di tutte le facoltà con il fine di essere in grado di fare tutto ciò che si vuole chiedere al corpo. La chiesa deve avere tutte le sue membra sviluppate adeguatamente per poter eseguire ciò che è chiamata a fare. Quindi è vero che ogni credente individualmente è responsabile di crescere fino alle sue piene potenzialità, ma lo scopo, il fine di questa crescita individuale, è l’armoniosità di tutto il corpo. La qualità della vita corporata della chiesa ha a che fare con la sua missione. Ogni credente deve crescere perché il corpo possa operare efficacemente. E il corpo deve essere in efficienza a motivo della sua missione, deve essere in grado di compiere ciò che gli viene chiesto. Ogni credente è impegnato a seguire la propria tabella di “fitness spirituale” non per specchiarsi come quelli del body building, ma perché gioca in una squadra dove la propria competenza è al servizio di tutti e ha per obiettivo la partita. Quindi, ogni credente segue individualmente la propria maturazione spirituale, ma il fine di ciò è la missione complessiva della chiesa.

I ministri della chiesa sono dati per questo compito di formazione: per la crescita e la maturazione del corpo fino al suo completo sviluppo.
Anche qui ci sono alcuni aspetti da sottolineare:
1. nel testo non si parla di ministeri della chiesa, ma dei ministri. Cristo non ha donato alla chiesa una volta per tutte una certa organizzazione (…), ma dona continuamente alla chiesa delle persone che svolgono dei ministeri (cioè dei servizi per la comunità). Questi ministeri non sono guardati dal punto di vista disciplinare o gerarchico, ma dal punto di vita funzionale, somigliano più a degli allenatori (”personal trainers”) che a dei “reverendi”. Non sono dati per essere più in alto gerarchicamente in base alla loro carriera, ma per svolgere un compito in base alla loro esperienza.
2. L’unità della chiesa non consiste nell’uniformità, ma esattamente nella diversità. Questo è un discorso che Paolo fa anche ai Corinzi. Il corpo è tale perché ha molte funzioni, vive per la sua diversità (…) quindi la diversità dei ministeri contribuisce all’unità del corpo (e non ne è un limite).
3. L’elemento essenziale per il raggiungimento di questa armoniosa unità delle diversità del corpo è l’amore. L’edificazione del corpo è fatta nell’amore. Nell’amore significa che la disciplina alla quale ci sottoponiamo per ottenere la nostra crescita spirituale non è disumana, non è a base di steroidi. Anzi, è fatta di fiducia per la persona, di speranza per la buona riuscita, di sostegno nel processo, di incoraggiamento nelle difficoltà, di solidarietà, di conforto. Il credente deve gareggiare con le proprie forze e i propri muscoli, non attraverso qualche stratagemma. Per questo deve vivere in un ambiente adatto alla maturazione, cioè un ambiente dove vige l’amore.
4. Una parte importante di questa formazione è fatta per lasciarsi dietro l’immaturità, l’instabilità e la propensione a credere qualsiasi dottrina che ci pare consona. La stabilità caratteriale ed emotiva sono elementi fondamentali della maturità cristiana. Noi, prima di essere cristiani, siamo persone umane. Lo sfarfallare qua e là in cerca di ciò che fa per noi è contrario alla logica del discorso biblico che piuttosto chiede uno sforzo di trasformazione, di perseveranza, di resistenza affinché noi ci adeguiamo al corpo di Cristo. Il punto qui non è trovarsi bene nella chiesa, ma al contrario sforzarsi di raggiungere la completezza di poter far parte del corpo armonioso di Cristo. La chiesa, più che un circolo ricreativo, è una palestra.

Fin qui il testo. Ma come è organizzata invece oggi la chiesa per quanto riguarda la formazione dei suoi membri? La formazione spirituale dei credenti è organizzata intorno al presupposto che la chiesa chiama le persone a sé: «Vieni qui, entra a far parte, esci dal mondo ed entra nella chiesa; se hai una competenza nel mondo, non offrirla più al mondo, ma offrila alla chiesa» Molti diranno: perché non deve essere così? Non è sempre stato così? No! In verità siamo intrappolati dentro un paradigma culturale, non deve necessariamente essere così e neppure è sempre stato così!
In base al presupposto della chiesa che “chiama”, la nostra formazione risponde alla domanda: «come formiamo dei bravi membri di chiesa?» Il risultato è che formiamo i credenti a vivere sempre meglio nella chiesa e sempre più disadattati nel mondo.Il grande problema di questa impostazione è che induce a pensare che seguire Gesù sia la stessa cosa che essere membri di chiesa e che per essere un buon discepolo devi essere un bravo membro.
Il fatto è che fino ad oggi abbiamo vissuto in una cultura ecclesiastica: esisteva una religione di maggioranza che dava il tono a tutta la società, forniva i valori, i comportamenti e i modi di pensare che erano condivisi da tutti e chi non li condivideva era una “minoranza”. Si era discepoli di Gesù nella chiesa e nella società, le quali corrispondevano una all’altra. Oggi la cultura è cambiata, non esiste più una maggioranza (neanche cattolica in Italia) e non c’è più il fornitore unico di valori, comportamenti e modi di pensare. Essere discepoli in chiesa significa non essere più discepoli nella società. Non ci siamo ritirati noi, si è ritirata l’acqua sotto i nostri piedi e stiamo nuotando all’asciutto. La chiesa è diventata semplicemente irrilevante per la maggior parte della gente.

Quindi c’è bisogno di cambiare questo “paradigma” che abbiamo ereditato e che ci pare l’unico possibile. L’altro paradigma è quello biblico: «Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate.» (Matteo 28:19-20a) Questo versetto contraddice proprio il presupposto della nostra formazione spirituale e afferma che la chiesa esiste per “andare a fare discepoli”. Non “vieni”, ma “andiamo”. Il presupposto è estroverso. La Bibbia ci chiama ad andare, non a sottrarci. Ricordate sempre questo dato fondamentale biblico: Nella Bibbia è sempre Dio che prende l’iniziativa. Dio ha chiamato le cose all’esistenza, Dio ha chiamato Abramo, Dio ha chiamato Mosè, Dio è entrato nel mondo in Cristo, Dio manda lo Spirito Santo, e Cristo tornerà in Gloria. Dio è entrato nella nostra vita. Non siamo noi, è Dio! Dio si muove, non noi. Noi siamo lo strumento dell’iniziativa di Dio. Siamo noi che dobbiamo andare. «Io devo venirti incontro come Dio è venuto incontro a me».
Quindi il nostro presupposto nella formazione spirituale dei credenti è una chiesa che si organizza per andare nel mondo in risposta fedele al mandato biblico. E la domanda che dobbiamo porci è questa: «come possiamo formare buoni discepoli di Cristo nel mondo?» Non dobbiamo più sottrarci e difenderci dal mondo, ma al contrario prepararci e coinvolgerci. Allenarci e giocare la partita per vincerla.

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