sabato 15 novembre 2008

Efesini 4:7-16 - Crescere Spiritualmente


La preoccupazione fondamentale della prima parte del capitolo 4 della lettera agli Efesini (che è la parte esortativa della lettera) è duplice: l’unità della chiesa da un lato e la maturità dei suoi membri dall’altro. Questa volta ci soffermiamo solo sulla seconda parte, quella che riguarda la maturità dei credenti.
Il concetto fondamentale che è alla base del nostro testo è che l’edificazione della chiesa corre di pari passo con la maturazione spirituale dei credenti.
La fede cristiana è chiamata alla crescita e la comunità cristiana è l’ambiente favorevole alla maturazione spirituale dei suoi membri.

Lutero diceva che «La fede è una cosa vivente e sempre in movimento». Questa è una verità che deriva dall’esperienza del credente che – quando la cura – vede la propria fede modificarsi, approfondirsi e maturare; e dalla testimonianza biblica, la quale dice che la fede nasce e si sviluppa: «come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza» (1 Pie. 2:2) e può giungere fino «all’altezza della statura perfetta di Cristo
Al v. 15 viene fatta una affermazione fondamentale: «ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo
Qui è contenuto il concetto del valore di cui stiamo parlando: la crescita spirituale. L’apostolo ci chiama a crescere «in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo.» La fede deve crescere, non tanto in quantità, ma in qualità, in consapevolezza, in conoscenza, in profondità, in impegno, nella relazione con Dio. Si tratta di una maturazione spirituale che dovrebbe anticipare e guidare anche la nostra maturazione umana fino «allo stato di uomini fatti».
Questa crescita ha due caratteristiche: la prima è che ha una progettualità e un orientamento; non si tratta di una crescita qualsiasi, ma ha una direzionalità, è una crescita in vista di qualcosa: ha come obiettivo Cristo e si persegue seguendo la verità. Ma la verità viene seguita «nell’amore», è precisato. La verità è importante, ma senza l’amore è snaturata. Nella Bibbia, abbiamo avuto modo di dirlo molte volte, la verità è Dio, ma l’affermazione fondamentale è che «Dio è amore.» Verità e amore non possono essere disgiunte senza rendere la verità uno strumento di morte e l’amore un sentimento che fa rima con cuore. La verità non si brandisce come un spada che ferisce tutti quelli che colpisce, ma si offre come un fiore che rallegra ogni cuore che lo riceve.
La seconda caratteristica della crescita spirituale è comunitaria e riguarda la diversità dei doni. Esiste una unità della fede, ma non una unità dei doni, anzi, l’unità del corpo è data proprio dalla diversità e dalla articolazione delle membra. La diversità dei doni costituisce l’idea di unità della chiesa. Una comunità pienamente matura ha molte membra con funzioni diverse che si articolano perfettamente per lo scopo comune dell’intero corpo.

Al v. 7 viene espresso un concetto importante che è al vertice della struttura del ragionamento di Paolo: «a ciascuno di noi la grazia è stata data secondo la misura del dono di Cristo
Che cos’è la “grazia” di cui l’apostolo parla qui?
Nella chiesa, ogni membro ha un ruolo distintivo da giocare per il corretto funzionamento di tutto il corpo. L’abilità di svolgere questo ruolo è chiamato la “grazia”, che è data a ciascuno. Poco sopra Paolo stesso chiama la possibilità di essere apostolo degli stranieri una “grazia”: «A me, dico, che sono il minimo fra tutti i santi, è stata data questa grazia di annunziare agli stranieri le insondabili ricchezze di Cristo» (3:8) e nella lettera ai Romani scrive: «così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e, individualmente, siamo membra l'uno dell'altro. Avendo pertanto carismi differenti secondo la grazia che ci è stata concessa, se abbiamo carisma di profezia, profetizziamo conformemente alla fede» (Rm. 12:5-6). E’ chiaro che la “grazia”, qui, è un ministero, o un dono spirituale: «Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, carismi di guarigione, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza di operare miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a un altro, l'interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole.» (1 Cor. 12:8-11). Quindi il significato di questa frase è: «a ciascuno di noi è stato dato un ministero». Questo ministero è dato a tutti i credenti indistintamente, anche se varia «secondo la misura del dono di Cristo.» Quindi, tutti i credenti hanno un compito da svolgere e questo compito è l’edificazione della chiesa. Ciò non è compito di uno o di pochi, ma di tutti.

Come abbiamo detto, in questo testo non si riesce a districare l’edificazione della chiesa dalla crescita spirituale dei suoi membri, sono due aspetti della medesima cosa, corrono parallele e sono legate l’una all’altra. Maturare significa edificare la chiesa ed edificare la chiesa significa far maturare i credenti. Ma in verità non sono i credenti ad edificare la chiesa. Chi edifica la chiesa è Gesù Cristo: «Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell'amore.» Il compito de credenti è di crescere verso Gesù Cristo; come il corpo umano nello sviluppo trova le proprie giuste proporzioni, così il credente raggiunge, con la maturità di fede, le giuste proporzioni con il capo del corpo: Gesù Cristo. Cristo è come il nostro DNA che ci fa crescere fino all’armonia completa del corpo. Così non solo è maturato il credente, ma anche la comunità è stata edificata, in un tutt’uno.

Il fatto che l’edificazione della chiesa, nonostante sia un’opera di Cristo, sia un ministero dei credenti, implica un altro fatto: che la comunità cristiana è il luogo dove i credenti insieme sono incamminati in questo percorso di maturazione, e per questo si offrono un servizio reciproco di incoraggiamento, testimonianza e aiuto. Questa strada non si percorre da soli, ma in compagnia di tutti coloro che sono stati invitati a fare questo percorso. Per strada si parla, ci si fa compagnia, ci si scambiano esperienze, si riceve e si dà aiuto, chi sta avanti può avvisare gli altri delle difficoltà, dei pericoli, chi è indietro può ricevere sostegno, chi è stanco può ricevere aiuto. Insomma, la chiesa deve anche essere il luogo favorevole alla crescita spirituale dei credenti. Un ambiente sicuro, amichevole, incoraggiante, solidale, dove la gente impara non solo a diventare cristiano, ma anche a diventare un uomo, una donna.
Il problema dell’uomo moderno non è più la sua capacità tecnologica, ma ormai è diventato il crescere nelle competenze umane e spirituali. L’umanità deve crescere nella saggezza per colmare quella distanza che si è creata tra le nostre competenze tecnologiche e la nostre competenze umane.

Dovremmo cominciare a sentirci chiamati a diventare delle persone migliori, con relazioni umane migliori per edificare un mondo migliore. La chiesa è il luogo dove questo uomo nuovo e mondo nuovo possono emergere.

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