martedì 25 novembre 2008

Giovanni 15:12-17 - La Missione: amicizia per l'umanità


Uno dei valori fondamentali cristianesimo è l’evangelizzazione. L’apostolo Paolo esclamò: «Guai a me se non evangelizzo» (1Cor.9:16). Questa è una parola biblica “pesante”, è uno dei sinonimi di predicazione. Io vorrei però usare al suo posto un altro sinonimo, il termine “missione”. Certo, questo termine ha i suoi problemi, legati a pagine buie, spiacevoli e imbarazzanti della storia della chiesa; eppure mi sembra quello che meglio spiega il compito della predicazione in una società occidentale odierna. Dico questo partendo dal presupposto che la cultura italiana è tornata ad essere un campo missionario.
Penso che oggi si possa parlare di missione solo facendo uno sforzo di creatività. Per questo parlerò di missione usando un testo che parla di amicizia. Il nostro compito missionario, infatti, lo dobbiamo svolgere con un nuovo spirito: non quello delle Crociate o della conquista del Messico, ma con uno spirito che ci aiuti, mantenendo l’integrità dell’Evangelo e la nostra autenticità, a dire «La verità nell'amore» (Ef. 4:15).

Oggi tutte le religioni hanno – almeno in parte – ceduto alla tentazione fondamentalista. Di fronte alla secolarizzazione delle società, le religioni (tutte le religioni) hanno reagito con la riproposizione delle proprie tradizioni. Infatti, purtroppo, il fondamentalismo non è un ritorno ai fondamenti della fede, né al fondamento della Bibbia (per gli evangelici), né ai fondamenti della propria tradizione (per i cattolici), ma si è configurato come un ritorno a quella cultura dove le loro tradizioni vivevano rigogliose. Ma quella cultura si è ormai dissolta e risuscitarla è un’operazione macabra.
Il testo che abbiamo letto si trova incastonato in un contesto che getta la dovuta luce sul significato delle parole di Gesù. Prima del nostro brano c’è la famosa pericope della vite e dei tralci, dopo, un detto di Gesù sul rifiuto del mondo e sulle persecuzioni. Gesù risponde così a due problemi dei cristiani: 1) il rapporto con la fede d’Israele e 2) il rapporto con il mondo.
· Riguardo alla fede d’Israele Gesù afferma che il legame che unisce il credente a Dio è lui stesso. Israele e la sua fede non possono più costituire questo legame.
· Riguardo al rapporto con il mondo Gesù afferma che il mondo può rifiutare i credenti e la chiesa, ma la chiesa e i credenti non possono rifiutare il mondo. Il mondo rifiuta i credenti per lo stesso motivo per cui ha rifiutato Gesù.
In Cristo non possono esserci “due popoli”, ma uno solo, ed il legame con Dio non avviene attraverso la Legge o il popolo d’Israele, ma attraverso lo stretto legame con Cristo: come i tralci alla vite. L’Evangelo ci chiama quindi ad avere un atteggiamento di amore e di amicizia nei confronti di tutte le persone con cui veniamo a contatto.

Come si può essere amici dell’umanità?
Gesù aveva detto che il grande comandamento era: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». (Lc. 10:27) Qui Gesù va oltre il puro amore umano verso Dio e dice: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.» egli fa riferimento ad un amore umano che ha come motivazione e come paragone l’amore divino. Dobbiamo amare il prossimo come Gesù ha amato noi.
E spiega subito che cosa intende: «Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici». Gesù ci ha amato dandoci la sua vita e chiama noi a dare la nostra vita per gli amici. E gli amici, abbiamo visto, non sono solo altri credenti, ma sono anche quelli che vogliamo raggiungere col messaggio dell’Evangelo («Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.» Gv. 3:16). Quando si emula Gesù nell’amore, non si amano solo quelli che sono degni del nostro amore, ma tutti quelli che Gesù ama, siano o no degni di amore. E’ così che Gesù si è comportato con i discepoli, è così che si è comportato con noi ed è così che Dio agisce verso la famiglia umana.

Il "movimento" missionario
Nella Bibbia, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, c’è una bella immagine del modo di Dio di darsi al mondo. La troviamo chiaramente affermata nel profeta Isaia: «Così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata.» (Is.55:11) e poi nel prologo di Giovanni: «Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. … E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre. … Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.» (Gv.1:1-18)
Il movimento è questo: la Parola è presso Dio, essa viene mandata nel mondo, compie ciò per cui è stata mandata e torna a Dio. Si tratta di un movimento, di un processo, circolare che parte da Dio e torna a Dio portando i suoi risultati. Questo movimento circolare di Dio è anche a fondamento della nostra idea di missione (missione significa essere mandati); i credenti vengono mandati nel mondo per poter tornare a Dio avendo compiuto il loro compito di testimonianza.
Anche qui c’è da dire due cose:
· Il vero e unico missionario è Dio. Dio manda (la Parola, il Figlio, lo Spirito Santo), Dio viene, Cristo viene e tornerà, lo Spirito soffia.
· Questa è anche la parabola del nostro coinvolgimento del mondo. Noi non siamo del mondo, ma siamo mandati per il mondo per portare la testimonianza di Cristo perché il mondo torni a Dio.
Questo è il nostro dono di noi stessi al mondo, questo è il nostro amore in pratica, questa la nostra amicizia verso l’umanità. Il credente entra nel contesto in cui vive con lo scopo di trasformarlo attraverso il proprio coinvolgimento in prima persona, esattamente come Dio è entrato nel mondo abbassandosi fino a noi e fino alla morte, incarnandosi in Cristo, per trasformarlo.
Si tratta di un amore non sentimentalista, ma fattivo, che ci espone al mondo, ma che anche trasforma il mondo. Non si tratta di adeguarci al mondo, si tratta di coinvolgerci in esso. Dobbiamo capire la differenza.
Il cristiano che immagino è un missionario nel proprio ambiente attraverso l’amicizia.

Le vite toccate dalla Parola Dio vengono trasformate.
Noi lo sappiamo, noi l’abbiamo sperimentato, noi lo viviamo ogni giorno! Bene, noi siamo qui per permettere che la Parola di Dio tocchi le vite della gente. Questo significa coinvolgerci nel mondo (combattere il mondo con i mezzi del mondo significa invece compromettersi, conformarsi al presente secolo).
Questo è il primo valore che vorrei sostenere: l’amicizia è la nostra missione, il nostro modo di essere missionari. Proprio come l’amicizia è stato il modo di Gesù di mettersi in relazione a noi: «Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando.» la nostra amicizia con Gesù consiste nell’essere in relazione con lui, nel conoscere la sua volontà, il suo carattere, i suoi progetti. Questa non è una finzione, questa non è una pretesa, questa è la promessa che abbiamo ricevuto: conoscere ciò che conosce Dio! Ciò che Dio condivide con noi non è la sua divinità, ma il suo potere di perdonare, l’iniziativa di amare coloro che gli sono ostili, e la capacità di amare di un amore che rende amabili anche quelli che non lo sono proprio! ... e questo è esattamente il messaggio che deve arrivare: io conosco Dio, so che cosa vuole dirti e cosa vuole da te, so cosa sta facendo per il mondo e come sarà il mondo alla fine. Non si tratta di giudicare nessuno, si tratta di mostrare la propria relazione con Dio e di dimostrare l’importanza di questa relazione per ogni persona umana. Non si tratta di spiegare dottrine, non si tratta di imporre stili di vita, si tratta di portare le persone ad una relazione con Gesù. Lui farà di loro ciò che ha promesso, come lo ha fatto fedelmente con noi.

E se i credenti sono amici dell’umanità, che cos’è la comunità dei credenti?
Gesù dice: «Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi». La comunità dei credenti non è soprattutto un gruppo di persone che crede certe dottrine e che vive secondo un certo stile di vita, ma è più di questo, essa è la comunità di coloro che sono stati raggiunti dalla grazia di Dio, che sono stati sorpresi dalla speranza. Non è gente che ha scelto, ma gente che è stata scelta. Non c’è nessun merito nell’essere nella chiesa del Signore, c’è la grazia! La nostra comunione non è primariamente umana, ma soprattutto e fondamentalmente spirituale, discende cioè non da ciò che noi facciamo, ma da ciò che lo Spirito opera in mezzo a noi.

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